I cantinieri del Conte Galli

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Nei secoli passati la famiglia dei conti Galli era la maggiore proprietaria terriera di Montespertoli. Verso la metà del XVIII secolo, solo nella zona di Montalbino possedeva sei poderi: nel popolo di San Lorenzo a Montalbino il conte Galli aveva il podere del Mandorlo e il podere del Poggio. Quest’ultimo fu probabilmente il primo investimento che i Galli fecero nel territorio montespertolese, già all’inizio del XVII secolo. Il Poggio poi cambierà nome all’inizio del ‘900 in Palazzina. Nel popolo di San Giorgio a Montalbino, che era annesso a quello di San Lorenzo, il Galli aveva il podere di Vizzano e quello di Casalta. Nel popolo di San Giusto a Montalbino possedeva il podere ubicato nei pressi della chiesa che era chiamato appunto podere Montalbino. Infine, poco distante, nel popolo di San Jacopo a Trecento aveva il podere del Palazzaccio che alla fine dell’800 muterà nome in Poderaccio.

Ma tra i beni del conte Galli in questa area va aggiunta anche una casa che non era una colonica, ma era data in affitto, o, come si diceva soprattutto all’epoca, data a pigione. In questa casa vi ha sempre vissuto una piccola famiglia. Sorgeva isolata, sulla strada che dalla chiesa di San Lorenzo portava giù ai poderi denominati Montebornioli. Il nome della casa è importante per capire la sua storia: si chiamava Tinaia.

Quindi l’edifico non doveva essere piccolo perchè conteneva una cantina con dei tini che davano il nome alla struttura. Cosa se ne facevano di una cantina questa famiglia se non aveva un podere e quindi immaginiamo neanche una vigna. Che la Tinaia non fosse un podere lo si evince dallo stato delle anime della parrocchia di San Lorenzo a Montalbino che inzia dall’anno 1766, redatto dal rettore Reverendo Pietro Maria Bigazzi. Sin dal primo anno nomina questa abitazione come “Casa appig. d.a la Tinaia” cioè casa appigionata detta la Tinaia. Quindi chi vi abitava pagava una pigione, cioè un affitto, e non poteva essere un podere dato a mezzadria, inoltre la famiglia era piccola e non avrebbe comunque potuto curare neanche un campo dato in affitto. Probabile che comunque la casa era provvista di un piccolo pezzo di terra intorno adibito ad orto. Ma l’attività principale di questa piccola famiglia era curare il lavoro della cantina. Ed è quindi molto presumibile che la famiglia che abitava alla Tinaia avesse il compito di fare da cantiniere e quindi lavorare il vino dei poderi di proprietà del conte Galli che erano nei dintorni, cioè i sei che abbiamo citato all’inizio. Questo voleva dire che le famiglie mezzadre erano esentate dal produrre ognuno per conto proprio il vino: del resto la maggior parte delle culture all’epoca era il foraggio, la vite e l’ulivo si trovavano spesso ai margini delle particelle di terreno, a volte fungevano proprio da divisorio tra una particella e l’altra. Visto che l’attività principale della famiglia mezzadrile era il campo con la semina e la falciatura; la vendemmia e la consuguente produzione del vino nelle cantine era un’attività minore che tuttavia occupava molto tempo. Quindi il conte Galli pensò bene di razionalizzare le fatiche dei suoi contadini sgravandoli dal lavoro in catina e mettendo una famiglia apposita solo per questo compito. Facile immaginare che all’interno di questa cantina ci fossero stati delle botti con ognuno sopra il nome della famiglia proprietaria del vino che custodiva. I mezzadri durante il periodo della vendemmia non avevano altro che da raccogliere l’uva, metterla su un carro e portarla alla Tinaia.

Non sappiamo da quanto tempo esisteva questa abitazione che aveva questo ruolo particolare, lo stato delle anime inizia dal 1766 e quello precedente è andato perso. Ma chi scrive ha il dubbio che non fosse tanto antica, e che questo senso di razionalizzare il lavoro dei contadini possa essere frutto di un pensiero illuministico tipico di quel periodo storico.

1768 Carnesecchi

E ‘ probabile che la pigione che doveva pagare la famiglia della Tinaia al Conte Galli consistesse nel lavoro di cantiniere che durava solo qualche mese. Il resto dell’anno potevano dedicarsi ad altre attività che permettesse loro il sostentamento. Oltre all’orto, che molto probabilmente avevano a disposizione, i vari memebri della famiglia potevano andare ad opra non solo nei poderi vicini, ma assentarsi per del tempo per andare a lavorare lontano. Questo ragionamento ha per base l’osservazione dello stato delle anime della parrocchia che si rivela molto interessante.

Nei primi due anni, 1766 e 1767, troviamo la famiglia Nigi, e chissà da quanti anni erano lì; poi nel 1768 appare una nuova famiglia, i Carnesecchi, che vi rimarrà fino al 1801, ben 33 anni. Nel 1768 troviamo nello stato delle anime alla casa Tinaia solo una donna: Rosa Carnesecchi, vedova, di 58 anni. La casa era abitata solo da lei? E questa donna da sola faceva la cantiniera per i mezzadri del conte Galli? Ma andiamo avanti. L’anno successivo Rosa non è più sola, ma appare una figlia, Maddalena Carnesecchi di 19 anni. Quindi adesso ci sono due donne e risulteranno sempre loro due per tre anni successivi (in un’occasione il prete aggiunge che Rosa è vedova di Salvadore Carnesecchi). Infine nel 1773, con Rosa che ha 60 anni, non troviamo più la figlia, ma appare un figlio, Giovanni, con la moglie Rosa (si chiama per l’appunto come la suocera) entrambi di 30 anni. Poi nel 1774 troviamo solo le due Rosa, suocera e nuora, con quest’ultima con una bambina, Caterina. Non c’è Giovanni: che sia morto? E invece Giovanni ritorna nello stato d’anime del 1775.

Questo strano andamento ci fa capire una cosa. Ma innanzitutto una precisazione: gli stati d’anime venivano compilati dai preti sempre nel solito periodo, a primavera, quando facevano il giro delle case per benedirle prima di Pasqua. Una volta benedetta la casa il prete discorreva un po’ con la famiglia, vedeva in quanti erano e magari si era portato dietro il registro e l’occorrente per scrivere e mettendosi al tavolo di cucina segnava i loro nomi chiedendo l’età, cosa quest’ultima che imbarazzava molto i contadini visto che non sempre sapevano che età avessero e ogni volta nascevano delle discussioni. E infatti spesso troviamo delle incongruenze da un anno all’altro con persone che dopo dodici mesi le vediamo sullo stato d’anime invecchiare improvvisamente di dieci anni, altri che invece sono ringiovaniti. Quindi il prete registrava come appariva la famiglia in quel dato giorno in cui era passato a benedire la casa, se qualche componente si era momentaneamente trasferito per andare o garzona o oprante da qualche altra parte ovviamente non appariva nello stato d’anime, ma sarebbe apparso in quello della parrocchia dove era andato a lavorare insieme alla famiglia che lo ospitava. E così possiamo capire perchè per esempio nel 1768 Rosa Carnesecchi, vedova di 58 anni, appare sola. Semplicemente il figlio Giovanni e la figlia Maddalena erano andati a lavorare da qualche altra parte, magari per alcuni mesi, e comunque la famiglia si riuniva alla fine dell’estate per attendere ai lavori del periodo della vendemmia e poi quella della svinatura. Rosa avrà accudito all’orto. Ma non è detto che andassero così lontano, infatti Giovanni Carnesecchi nel 1768 risulta garzone nel vicino podere il Poggio dalla famiglia contadina Nigi che fino all’anno precedente avevano abitato alla Tinaia, sempre tutto di proprietà del conte Galli. E’ facile immaginare che nei primi anni Giovanni si facesse aiutare nel lavoro di cantiniere proprio da Andrea Nigi, così si chiamava il capoccia, e farsi insegnare da lui i segreti del mestiere. Giovanni rimarrà garzone dai Nigi fino al 1773 quando, come abbiamo visto, prende moglie e va ad abitare con la madre alla Tinaia. Tuttavia continueranno periodi in cui si allontanerà provvisoriamente come nall’anno successivo, per fare l’oprante da qualche altra parte.

Nel 1776 la famiglia Carnesecchi aumenta con la nascita di Giuseppe e nel 1777 riappare anche la sorella Maddalena che quindi non era andata via sposa, ma era stata garzona nei dintorni. Poi capita qualcosa di brutto: nell’anno successivo alla Tinaia troviamo Giovanni Carnesecchi con la moglie Rosa e il piccolo Giuseppe; scompaiono definitivamente la madre Rosa, la sorella Maddalena e la figlia Caterina: probabile che un virus se li sia portatuti tutte quante via. Da ora in poi, per alcuni anni, la famiglia rimane stabile con questi tre elementi: da annotare che nel 1782 nuovamente Giovanni è assente, ma lo ritroviamo l’anno successivo, mentre nel 1785 addirittura la casa è vuota: nei giorni dell’acqua santa sia lui che lei con il bambino erano andati via ad opra; però poi ritornano.

Quindi nel 1792 lui è nuovamente assente, nel 1793 la casa è vuota, mentre nel 1794 la grande novità. Troviamo sempre la moglie Rosa con il figlio Giuseppe che ha ormai ha 20 anni. Dall’anno successivo Rosa viene segnalata sullo stato d’anime come vedova, ma la novità del 1794 è che insieme a Rosa e al figlio troviamo un’altra famiglia di appigionati: è la famiglia Lupi, una famiglia numerosa, con Gaspero di 52 anni, la moglie Maria di 46 e le figlie: Anna 23 anni, Rosa 15, Angela 6 e Maddalena 1. C’è stato quindi un cambiamento. Forse le stanze dove abitano sono state aumentate, ma come mai questo cambiamento? Sappiamo che agli inizi del ‘900 nello stato d’anime la casa cambia nome in “Macinatoio” segno che è stato cambiato l’uso dell’edificio. Ma attenzione: nella mappa catastale del 1821 già viene segnato col nome di Macinatoio, segno che il cambiamento era già stato attuato, solo che i preti di San Lorenzo a Montalbino avevano avuto per abitudine di chiamare la casa con il vecchio nome di Tinaia e così continuarono a segnarlo sullo stato d’anime per tutto l’800. Quindi non possiamo sapere quando la Tinaia si è trasformato in Macinatoio. Però non è detto che abbia cambiato uso, ma che sia stata ampliata per ricavare un nuovo ambiente per il frantoio mentre continuava ad esserci anche la cantina. Forse questo ampliamento avvenne proprio nel 1794 con la famiglia Lupi, addetti alla spremitura, che si affiancano ai Carnesecchi, cantinieri.

Questa coabitazione continuerà fino al 1801. Dal 1802 Rosa e il figlio Giuseppe Carnesecchi verranno sostituiti dalla famiglia Bucci. Da ora in poi ci saranno quasi sempre due famiglie che coabiteranno sotto il solito tetto finché nel 1839 ognuno avrà un tetto diverso, cioè saranno ricavati due appartamenti distinti.